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Secondo giorno, seconda escursione, stavolta molto più ostica.

Il mio obiettivo era andare al Takayama Inari Jinja, un santuario nella città di Tsugaru, vicino Hirosaki.

“Vicino” per modo di dire.

Per arrivarci, bisogna prendere un treno, poi un autobus, poi o 40 minuti a piedi o 10 minuti con il taxi.

Il problema era questo: a differenza di Sendai, i mezzi a Hirosaki passano poco frequentemente. Ci può essere persino un vuoto di due ore, prima che passi un treno o un autobus.

Mi pentii di non essere uscito alle 9, invece che alle 10. Ma non ho potuto dire di no alla colazione gratuita e salutare dell’albergo: riso, zuppa di miso, carne, verdure e un frittino di mais. Che bontà.

Tornando ai mezzi…a rendere tutto peggiore ci fu il meteo. Proprio quel giorno, sarebbe piovuto.

TUTTE A ME.

Io, però, non mi diedi per vinto: il motivo principale che mi aveva spinto ad andare a Hirosaki era proprio il Takayama e quel giorno era l’unico possibile per andarci, quindi mi armai di tanta pazienza e presi treno e autobus, trascorrendo numerose ore nel mezzo, visto che non passavano i mezzi. Ne approfittai per fare un giro della zona dove avrei dovuto prendere l’autobus, ma l’area commerciale era piuttosto lontano, quindi riuscii solo a camminare e prendere aria.

Mentre mi trovavo sull’autobus, si avverò la mia paura: cominciò a piovere.

Per fortuna, si trattò solo di pioggia leggera, che non tornò più nelle ore successive.

Qualcuno mi vuole bene, lassù, ogni tanto.

Arrivato finalmente alla fermata del santuario, mi resi conto che avevo poco tempo per visitare il complesso, prima dell’autobus successivo, quindi dovetti chiamare il taxi e spendere soldi.

Fui fiero di me, però. Non ho avuto molte occasioni di fare chiamate in giapponese e quella per il taxi filò liscio. Evviva.

Il tassista è stato molto amichevole e gentile e abbiamo fatto una breve chiacchierata, prima di arrivare al santuario.

Finalmente ero al Takayama.

Chiesi subito il timbro commemorativo della mia visita, poi mi incamminai.

Ci misi molto meno del previsto, il santuario si è rivelato più piccolo delle mie aspettative.

Mi aspettavo una versione leggermente breve del Fushimi Inari di Kyoto, ma il Takayama è in realtà la sua versione in miniatura.

Ciò non toglie che sia un santuario bellissimo e suggestivo. Ha dei panorami mozzafiato.

Finito il giro, andai a mangiare in un piccolo ristorantino. Non importa se avessi già pranzato un’ora prima con un paio di onigiri, avevo voglia di un bel piatto di udon freddi, fatti a mano.

Non rimasi minimamente deluso. Per sentirmi ancora più ingordo, presi una confezione di manju (dolce fatto con la farina e con il ripieno di fagioli dolci), da mangiare nei giorni successivi.

Visto che c’era ancora tempo, prima del bus, feci il secondo giro del Takayama. Stupendo.

Mi armai nuovamente di santa pazienza e presi i mezzi per tornare a Hirosaki. Sia sull’autobus che sulla metro, mi abbioccai una marea di volte, senza però dormire a lungo. Ergo, di nuovo a Hirosaki, mi sentii rimbecillito.

Non contento del mio pranzo, cenai in un ristorante di yakitori (spiedini di carne) a due passi dal mio hotel.

Una decina di spiedini, una porzione di gyoza (ravioli cinesi) e una piccola porzione di karaage (pollo fritto)

E anche quella sera feci schifo.

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