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So che molti reputano “Tekken 3” come il miglior Tekken di sempre. Anch’io lo adoro, è un titolo stupendo, ma come sempre io mi trovo a essere la voce fuori dal coro: per me, il migliore della serie è “Tekken 2” e mi azzardo anche a dire che è uno dei picchiaduro più belli di sempre. Ho molte ragioni per pensarlo: grandi innovazioni nell’esperienza di gioco, grafica e musiche accattivanti, personaggi fighissimi…
Preferisco questo gioco perché i grandi cambiamenti, rispetto al predecessore, sono arrivati qui, mentre Tekken 3 ha portato maggiormente miglioramenti grafici e di fluidità nel gameplay (e altre due modalità, purtroppo quasi esclusive di quel capitolo).
Trama: Due anni dopo il primo torneo Tekken (o “The King of Iron Fist Tournament”), Kazuya ha ormai preso il comando dell’azienda di suo padre Heihachi, la Mishima Zaibatsu e porta avanti la sua opera di corruzione e violenza. Molti combattenti non ci stanno e cercano di fermare Kazuya a tutti i costi. Inoltre, Heihachi sarà davvero morto?
Sviluppato dalla Namco, “Tekken 2” è uscito inizialmente nel 1995 per i cabinati arcade, poi nel 1996 per la Playstation. Il grande successo del gioco ha portato alla sua inclusione non solo, insieme al primo e al terzo capitolo, come contenuto extra di “Tekken 5” nel 2004, ma anche come classico PSOne nel PS Store, in modo da poter essere giocato nelle console più recenti.
Il cast è molto nutrito. Ci sono tutti i combattenti del primo gioco, compresa una versione aggiornata del cyborg Jack, ora Jack-2, insieme a molte new entry. I volti familiari hanno subito molti miglioramenti, soprattutto a livello di mosse: se nel primo gioco, personaggi come Kunimitsu, Anna e Armor King sembravano più una skin alternativa delle loro controparti principali, ora hanno acquisito una vera e propria identità. Anche le new entry sono interessanti e dotati di grande carisma, credo che tutti gli esperti del settore abbiano ormai sentito parlare di Jun, Lei, Roger e Bruce. Baek, porello, non è molto conosciuto dai neofiti, ma merita tanta considerazione perché ha introdotto il fighissimo taekwondo nel franchise.
Il miniboss è Kazuya Mishima, ora diventato il cattivo, mentre nella fase fine bisogna affrontare Devil, ovvero sempre Kazuya ma con il gene demoniaco risvegliato in pieno.
Una caratteristica simpatica di Tekken è il fatto di poter giocare non solo nei panni di un umano, ma anche di un animale (Roger e Kuma), di un cyborg (Jack-2 e P. Jack), di esseri sovrannaturali (Devil e Angel) e addirittura di un dinosauro (Alex).
Altro elemento stimolante per i giocatori è la limitata disponibilità di combattenti a inizio gioco: infatti, più della metà dei combattenti bisogna sbloccarli completando la modalità arcade con un determinato personaggio. Certo, il fattore sorpresa è mandato a quel paese grazie all’opening, visto che appaiono più o meno TUTTI i combattenti, ma l’esperienza di gioco rende i match contro i rivali comunque memorabili.
La storia è simile al primo capitolo, anche se stavolta è Kazuya a voler fermare Heihachi, piuttosto il contrario. Più che una grande storia, e un’unione di piccole storie che consistono maggiormente in rivalità, come King e Armor King, Nina e Anna oppure Law e Paul, cosa confermata dai finali individuali di ogni personaggio.
La maggior parte degli eventi che avvengono durante il gioco si possono vedere solo tramite i finali sbloccati terminando la modalità arcade. Ovviamente, non sono tutti canonici: mostrano cosa accadrebbe se una certa persona vincesse il Torneo.
Di conseguenza, la sceneggiatura è ai minimi. Niente dialoghi, sono scenette brevi autoconclusive.
Il gameplay è interessante: innanzitutto lo scopo del gioco è vincere il combattimento riducendo a 0 la salute dell’avversario. Le mosse che si possono eseguire sono colpi singoli o combo di pugni e calci. È possibile effettuare attacchi potenti e deboli, creando combo imprevedibili e, se fatte bene, letali. Ovviamente si può parare e mandare al tappeto l’avversario con le prese, tuttavia in Tekken (fino all’ultimo capitolo) sono totalmente assenti mosse speciali e superspeciali come quelle di KOF o Street Fighter.
La chiave per diventare un giocatore temibile è il saper costruire combo lunghe e potenti, oltre a sapere sfuggire dalle prese.
Ovviamente, se paragoniamo la giocabilità con quella dei giochi successivi, qua è tutto più legnoso e lento. Ci vogliono secoli per alzarsi da terra, ma gli avversari, magia, sono sempre più veloci. Anche il contrattacco non è facile da gestire. Tutto sommato, all’epoca era una meraviglia di gameplay.
Vi ricordate i contenuti del primo Tekken? Erano davvero pochi. C’erano solo l’arcade e la modalità Versus.
In questo sequel, il materiale di gioco è aumentato davvero tanto: oltre ad arcade e versus, vengono introdotte le modalità Sopravvivenza, Allenamento, Attacco a Tempo (l’Arcade ma da completare nel minor tempo possibile) e Scontro a Squadre. Quest’ultima è la mia preferita: è uno scontro tra due squadre composte da massimo 8 personaggi, la vostra e quella del CPU. C’è decisamente tanta roba con cui divertirsi.
La modalità principale, l’arcade, è una serie di 10 incontri: il terzultimo è lo scontro con il rivale; nel penultimo si affronta Kazuya, mentre l’ultimo round è contro la versione demoniaca di Kazuya.
Riguardo alla difficoltà, è un grande stimolo per il giocatore: anche giocando alla difficoltà più bassa, i match più avanzati sanno essere ostici. Il vero incubo è quando bisogna affrontare il rivale. Alcuni di loro sono tremendi, anche se non al livello di Pai di “Virtua Fighter 2”, grazie al cielo. Però manco Jun e King scherzano, soprattutto se bisogna combatterli verso il sesto o settimo livello.
La grafica è stupenda. Ambientazioni dettagliate e affascinanti (è stato dedicato uno stage diverso a ogni combattente), siano fabbriche moderne o luoghi naturali e rilassanti come laghi, spiaggie e colline. I personaggi sono ancora molto poligonali ma bellissimi e colorati, ben distinti tra loro, e a un’osservazione moderna, trovo che siano invecchiati molto bene, cosi come il gioco in generale. La schermata di selezione dei personaggi, per me un elemento importante per un picchiaduro, è una delle più belle di sempre.
È proprio a causa delle scelte estetiche di questo gioco che molti players avranno avuto molti incubi, dopo essere incappati nella schermata di caricamento precedente al combattimento contro il boss finale.
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Paura, eh? Altro che i famosi occhi di “Suspiria”. Gli occhi rossi e penetranti di Devil faranno parte dei peggiori traumi videoludici di sempre.
Questo esponenziale miglioramento grafico rispetto al predecessore (che al confronto affossa perché è bruttino) è affiancato da una colonna sonora leggendaria. Le tracce arcade e quelle della versione per console sono diverse, ma sono entrambe di altissimo livello. Se devo scegliere, la soundtrack per la versione console è più figa: le tracce sono perfette per ogni livello, possiamo sentire melodie rilassanti, techno e angoscianti. Se volessi, metterei tutto nell’MP3. Quasi tutte le melodie sanno rappresentare al meglio le personalità dei personaggi: quella di Nina è molto stilosa, sembra di stare a una sfilata di moda; quella di Jun è la più rilassante, ti fa sentire in un pacifico paesino di campagna; quella di Paul è 100% yankee; quelle di Lei e di Yoshimitsu sanno far rivivere le atmosfere dei polizieschi di Jackie Chan e delle foreste oscure e giapponesi, mentre quella di Armor King fa cagare sotto per l’inquietudine. Se alcune musiche vi possono sembrare familiari, è perché provengono dal primo gioco, remixate e assegnate a personaggi determinati. Menzione speciale alla traccia “Quiet Interim Report”, difficile da classificare ma una delle cose più mistiche mai sentite in un picchiaduro: sin dalle prime note, era evidente che il combattimento sarebbe stata un’esperienza a sé.
Credo sia ormai palese il mio amore per questo titolo. Gli darei un sacco di premi: miglior picchiaduro della serie, miglior picchiaduro per la prima Playstation, miglior colonna sonora…
Oggettivamente è davvero un gioiello. Ha rivoluzionato il genere del picchiaduro e ha alzato di tanto l’asticella. Uno di quei classici a cui non ci si stanca mai di giocare.
Cosa mi è piaciuto:
- Tutto.
Cosa non mi è piaciuto:
- Nulla. Per me è perfetto.
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