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Si è conclusa la Notte degli Oscar.

Di solito, prima della serata delle premiazioni, cerco di vedermi al cinema i film candidati che più mi interessano, così da poter vedere l’evento con qualcosa per cui tifare. Per esempio, l’anno scorso tifavo con tutto il cuore “Green Book”, “Bohemian Rhapsody” e “La Favorita”. Inutile dire quanto ho gioito, visto che hanno vinto molti premi importanti.

Quest’anno è tutta un’altra storia. A Sendai non ci sono molti cinema e quello più fornito costa molto. Infatti, in quasi cinque mesi, ho visto soltanto due film: “Star Wars IX” e “Jojo Rabbit”.

Non volevo assolutamente perdermi completamente la stagione degli Oscar, quindi, mettendomi d’accordo con un amico, sono andato a vedere “Jojo Rabbit”, un film che già dalle premesse sapevo che sarebbe stato molta roba.

Infatti, alla fine della visione, sono rimasto molto contento di aver speso quei 1500 yen (12,50€).

Ho tifato per questo film per ogni categoria in cui è nominato. Ha vinto solo un premio (seppur molto importante), c’era troppa concorrenza, ma a me è piaciuto molto.


“Jojo Rabbit” è un film comico-drammatico, scritto e diretto da Taika Waititi (regista di “Thor: Ragnarok”, un film che sinceramente ho adorato). Esso si basa sul libro “Caging Skies” di Christine Leunens.


Il protagonista della storia è il giovane Johannes, detto “Jojo” (Roman Griffin Davis), membro della Gioventù Hitleriana (in tedesco Hitlerjugend), il sottogruppo giovane del partito nazista.

Il ragazzino è circondato da numerosi personaggi, come la madre Rosie (Scarlett Johansson), il migliore amico Yorki (Archie Yates), la giovane ebrea Elsa (Thomasin McKenzie), il terribile agente della Gestapo Deertz (Stephen Merchant) e gli istruttori di una specie di campo estivo dedicato alle giovane leve nazista: il Capitano Klenzendorf (Sam Rockwell), il suo braccio destro Finkel (Alfie Allen) e la bruta Fräulein Rahm (Rebel Wilson). Ultimo, ma non meno importante, è Adolf (il regista Taika Waititi), una versione comica del Fuhrer che funge da amico immaginario di Jojo.

Il cast è tanta roba. Gli adulti sono tutti volti super conosciuti, ma anche i due giovani protagonisti sono bravissimi.

Il piccolo Jojo parte come marmocchio odioso, visto che è nazista, odia gli ebrei, fa tanto lo smargiasso, ma poi si piscia sotto. Da prenderlo a sberle fino a convertirlo.

Poi però incontra la cazzutissima Elsa, nascosta proprio in casa sua, e comincia a conoscere un mondo nuovo e, di conseguenza, a cambiare atteggiamento.

E qui è cambiata anche la mia opinione nei suoi confronti. Ho cominciato a tifare perché diventasse un bravo ragazzino. Ho sofferto con lui fino alla fine.

Ammetto che spesso, sentendolo chiamare col suo soprannome, pensavo all’anime di “Jojo”, che non c’entra un fico secco con questo film.

Grazie anche ad “Avengers”, voglio un bene dell’anima a Scarlett Johansson e sì, soffro ancora per la fine che ha fatto Natasha. Anche a 25 anni si può rimanere traumatizzati.

Inutile dire che l’ho apprezzata anche qui, soprattutto perché le viene data la possibilità di recitare un ruolo completamente inedito, rispetto a quello a cui è abituata (la provocante e sensuale). Rosie è dolce, dai buoni ideali (a differenza del figlio) e anche un po’ pazza. Davvero un bel personaggio interpretato bene.

I tre istruttori del campo estivo sono molto divertenti.

Sam Rockwell mi ha catturato. E non grazie all’occhio di vetro. Ha un carisma formidabile. Come eroe di guerra fa troppo ridere.

Felicissimo di vedere Alfie Allen in qualcosa che non sia “Theon Greyjoy”. Dopo quasi un decennio di “Game of Thrones”, era ora di cambiare aria. Come sottoposto di Capitan K, mi ha fatto sbellicare, le sue facce idiote sono il massimo.

Poi…diciamoci la verità. Lui e Capitan K sono troppo shippabili.

Vabbè, torniamo alle chiacchiere serie.

Rebel Wilson è Rebel Wilson. Come sempre. Però, qui funziona alla grande.

Stephen Merchant incute un sacco di timore sia a livello fisico (è alto quanto la Torre Eiffel) che a livello recitativo. Mi ha ricordato molto il nazista brutto e quattrocchi de “I Predatori dell’Arca Perduta”, quello che poi si squaglia peggio di un gelato sotto il sole a 40 gradi (ALTRA SCENA TRAUMATICA).

E poi c’è lui. Adolfino.

Io lo odio, ma qui è impossibile non adorarlo. È folle, divertente e ovviamente scorretto. Taika Waititi riesce nella diabolica impresa di rendere un mostro umano una fonte di risate.

I registi che sanno anche recitare (anche se solo un certo tipo di ruolo) sono sempre benvenuti nel mio cuore. Bravo Taika. Fuori di testa, ma geniale.


La storia, in generale, la conosciamo tutti. Siamo nella fase cruciale della Seconda Guerra Mondiale, i nazisti sono intenzionati a vincere, ma i nemici non demordono.

Intanto, però, si danno alla persecuzione degli ebrei e impiccano in piazza chiunque si opponga alla loro ideologia.

Un mondo bellissimo, quello del 1945, eh?

Comunque, il piccolo Jojo, intenzionato a diventare la guardia personale di Hitler, si dirige a un campo estivo per diventare un bravo soldato. Non tutto va per il verso giusto, perché gli altri ragazzi sono brutali e lui, in realtà, è un adorabile codardo. Da qui, il soprannome “Jojo Rabbit” (La scena di come nasce il suo soprannome è tremenda, a livello emotivo). Poi succede un piccolo patatrac e la vita del ragazzino comincia a cambiare drasticamente. L’incontro con l’ebrea Elsa è solo la ciliegina sulla torta.

Da questo momento, Jojo comincia ad attraversare un percorso di maturità pieno di alti e bassi, proprio mentre la guerra assume toni sempre più drammatici.

Riuscirà il ragazzino a levarsi di torno il mantra “A morte gli ebrei, hail Hitler!” o il suo amichetto immaginario Adolfino vincerà e lo farà restare nel regno dei mostri nazisti?

La storia, nella sua semplicità, è molto profonda. Vediamo questo bambino, educato ad adottare una mentalità assolutamente sbagliata, crescere in fretta e imparare delle forti lezioni morali. La guerra, la distruzione, il dolore non sono il modo migliore per vincere e l’odio non porta da nessuna parte, se non ad altro dolore e alla sconfitta dell’essere.

Non è affatto facile per un bambino. Ecco perché, nonostante parta da personaggio odioso, ha finito per farmi tenerezza, nella sua ingenuità verso il sentiero sbagliato.

La particolarità di questo film è raccontare questo mondo terribile del nazismo con una satira pungente e dissacrante, almeno fino a un certo punto. Poi l’elemento drammatico si impone e ogni scena comincia a fare davvero male. Gli ultimi 30 minuti sono un crescendo di emozioni e dolori. Non c’è esagerazione nel dramma, è tutto immediato e crudo ed è proprio per questo che fa male. Complimenti a Waititi per essere riuscito a unire la satira e il drammatico. Si ride e si piange, si rimane scioccobasiti per l’insensatezza (geniale) di alcuni momenti, ma poi ci si ferma a pensare.

Questo film riesce a far muovere il cervello dello spettatore, se esso si mostra disponibile a girare.

Ovviamente, non è esente da difetti: nonostante tutti i nodi vengano al pettine, alcuni particolari non vengono ben chiariti (come il motivo della morte della sorella di Jojo) e ci sono elementi che stonano (se Adolfino è immaginario, perché riesce a chiudere le porte?). Tuttavia, è un film pieno di sostanza che non è facile da assimilare in poche ore.

A livello di tecnica, secondo me Waititi ha voluto omaggiare alcune cose, tipo i piedi alla Tarantino e in una certa scena mi è sembrato di vedere un omaggio a “The Grudge”, ma forse è la mia abitudine al mondo giapponese a parlare.


La sceneggiatura riflette in pieno lo stile del film: le battute sono tante, alcune esilaranti, altre senza senso ma comunque divertenti, ma verso la fine, le parole cominciano a diminuire e le azioni, gli sguardi prendono potere.

I personaggi sono molto interessanti, quasi tutti attraversano un percorso di sviluppo come Jojo. Anche i ruoli più negativi rimangono impressi e riescono anche a fare ridere.


Ambientazioni e costumi molto credibili, nella loro storicità. Ho notato anche un sacco di colore in ogni scena, poca oscurità.

La colonna sonora è semplice, ma in grado di coinvolgere. Ci sono un paio di canzoni molto famose, cantate però in tedesco. Trovata molto intelligente.

Essendo in Giappone, ho potuto vedere il film in lingua originale. Tutti parlano con una cadenza tedesca, fantastico.


“Jojo Rabbit”, nella sua follia e particolarità, non piacerà a tutti, poco ma sicuro. Ma riesce a essere originale e funzionale: sa far ridere, sa far riflettere e sa far commuovere, ma senza esagerare e scadere nel ridicolo.

Tra tutti i premi a cui era candidato, “Jojo Rabbit” ha vinto solo per la “Migliore Sceneggiatura Non Originale”, premio assolutamente meritato perché il lavoro di Waititi è stato egregio. Sarei stato felicissimo se avesse vinto anche la Johansson (in lizza per due premi) per la “Migliore Attrice non Protagonista” perché era palese che Renee Zellweger avrebbe vinto per la “Migliore Attrice Protagonista”, ma purtroppo c’era quell’amore di Laura Dern in competizione e infatti ha vinto lei. Almeno tutti hanno capito che la Scarlettona non è solo bella e Vedova Nera, ma anche brava.

Comunque, attendo con ansia i prossimi progetti di quel pazzo di Taika Waititi. Sono molto felice del fatto che sarà lui a dirigere il quarto film di “Thor”.

Fucilatemi pure, ma mi è diventato ancora più simpatico, dopo questo film.

RedNerd Andrea

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