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Alla fine è successo. Quasi esattamente un anno dopo essere tornato a Roma da tre bellissimi mesi da Kyoto, ho fatto un grande passo: sono tornato in Giappone per restarci per un anno. Una scelta molto difficile che so sarà una bella sfida, ma non avrei probabilmente avuto altre occasioni simili in futuro.

Non è facile lasciare in sospeso tutto quello che hai a casa e dover stare lontano a lungo da famiglia e amici, ma è qualcosa che si fa per il proprio bene, soprattutto se si studiano lingue straniere. Come cavolo potrei pretendere di capire il parlato nipponico senza studiarlo con le mie orecchie e parlarlo con la gente locale?

Ed eccomi qui. Tre giorni a Tokyo dove cercherò di ammirare il più possibile, poi un anno di studi alla Tohoku University, a Sendai.


Lo ammetto. La parte più dolorosa, dopo i saluti, è l’aereo.

Io non reggo molto l’aereo. Cioè, non soffro il mal di aereo, grazie al cielo, ma non mi sta tanto simpatico. Per carità, è bellissimo guardare il mare, le città e le nuvole dal finestrino (se il personale non te lo fa chiudere), ma se si potesse evitare, non lo prenderei. Mi fa un pochino paura.

Forse ho visto troppe volte il primo “Final Destination” oppure è una mia leggera fobia innata. Non lo so. Se esistesse il teletrasporto, lo userei molto più volentieri (e grazie al cavolo).

I due voli che ho fatto per arrivare a Tokyo mi hanno dato la conferma che tra me e gli aerei non corre buon sangue.

Il primo volo, direzione Bangkok, è cominciato benissimo.

Manco due ore di volo e sono arrivate le turbolenze. Tant’è che il pilota ha mandato un annuncio, quindi avremmo incontrato disagi veri e proprio. Alla fine è stato breve, ma moooolto intenso. Nulla è valso concentrarmi su “Miss F.B.I.” e Sandra Bullock che cade e manda a fanculo tutti: al primo scuotimento dell’aereo, mi aggrappavo alle mie maniglie laterali e mi chiedevo “Ma perché non ho studiato inglese e spagnolo, oppure DAMS, oppure psicologia?”.

Avevano persino interrotto la consegna del primo pasto. Ovviamente, io morivo di fame.

Per fortuna, le turbolenze sono finite in circa un’ora e abbiamo potuto mangiare tutti. Il viaggio è proseguito in maniera molto tranquilla…

…peccato per il ragazzino della fila davanti alla mia. Ok fare chiasso perché è piccolo, ma ogni 3×2 si arrampicava sul sedile, si girava e cominciava a mettere le mani all’altezza della testa, toccando pure il mio schermo e facendo leggermente casino mentre cercavo di guardare un film.

Sì, ci stavano i genitori, ma non hanno fatto un granché, visto che il ragazzino a momenti si lanciava contro il finestrino (giuro). Cari genitori con l’etichetta morale al contrario: il piccolo si poteva fare male. Meno apatia mentale, più soluzioni pratiche per farlo stare fermo e al sicuro, tipo tenerlo quasi sempre con la cintura allacciata. Non mi pare sia una cosa molto difficile. Piccolo e intelligente com’è, magari avrebbe imparato qualcosina in più sull’educazione e avrebbe risparmiato su bernoccoli in testa, lividi sul corpo e piagnistei di dolore o fallimento.

Tra l’altro, complimenti ai gusti della madre. C’era un buon numero di film Marvel e tu ti sei messa a vedere i primi due dedicati a Thor. Sei masochista, zì.

Il vispo Tereso a parte, mi sono goduto la mia maratona cinematografica fino all’arrivo, gustandomi altre prelibatezze culinarie (la Thai Airways ci vuole tutti all’ingrasso, sennò non si spiega) e ho capito molte cose nuove su film che avevo già avuto modo di vedere:

  • “Miss F.B.I.” è un classico che si ama riguardare, come “Sister Act”. Sandra Bullock vale tutto il film, soprattutto quando cade a causa dei tacchi e mena la qualunque. Secondo me, dopo gli anni ’90, non l’hanno più saputa sfruttare (“The Blind Side” a parte) come meritava, io continuo ad adorarla.
  • “Deadpool 2” diventa sempre più folle, a ogni visione aggiuntiva e vorresti che Domino, ogni tanto, condividesse della sana fortuna con il resto del mondo, soprattutto con te.
  • “Alla ricerca di Nemo” è ancora più potente, se visto con gli occhi di un adulto (o tardo adolescente, nel mio caso). La scena iniziale è più traumatica di quanto pensassi e il barracuda (e anche Bruto) fanno ancora più paura. Non pensavo di poter odiare Marlin così tanto, Dory invece la si ama anche a 50 anni. Unpopular opinion: io amo i gabbiani. Il loro “mio” è una delle cose più esilaranti che abbia mai visto in tutti i film Pixar. Darla invece è amica del ragazzino che avevo di fronte, a quanto pare: entrambi dei mostri di simpatia ed educazione. Il film è davvero bello, sono felice di averlo rivisto.

Dopo 10 lunghe ore, si arriva a Bangkok. Per fortuna, l’attesa per il secondo volo è breve e si parte per Tokyo.

Ovviamente, le turbolenze non sono mancate, ma non in misura pesante come nel volo precedente. Il vero problema era che avvenivano ogni volta che cercavo di addormentarmi. Forse avrei dovuto dormire prima, invece di allietarmi le orecchie con Bjork e un concerto pop.

Continuando a mangiare (in pratica ho fatto due colazioni, ma la prima l’ho considerata una cena), ho cercato di fare molte cose, visto che non mi era consentito addormentarmi.

Ho ascoltato l’intero album di un doppiatore giapponese, Mamoru Miyano (voce originale del mitico Okarin in “Steinsgate”. Penso che lo amerei anche solo per questo lavoro). Niente da fare, il J-Pop mi acchiappa troppo.

Ho provato a vedere un documentario, ma non capivo dove mettere le cuffie (lo spazio che avevo usato nel primo volo non c’era). Quando capii che bisognava collegarle all’interno di una delle maniglie laterali, avevo ormai messo qualcos’altro. Evviva il mio intelletto intermittente.

Ho provato a rivedere “Endgame”, ma probabilmente non ero ancora pronto a livello psicologico e il mal di testa da mancato sonno si faceva sentire, quindi ho accannato dopo mezz’ora.

Ho provato a rivedere la 8×03 di “Game of Thrones”, ma mi resi conto che le parti migliori sarebbero arrivate molto dopo l’atterraggio, quindi ho tolto prima che venissi costretto a guardare il buio per almeno mezz’ora.

Alla fine, ho messo un film giapponese su un ragazzo con una malattia distrofica, abbastanza dissacrante ma pieno di spunti per riflessione. Avendo dormito qualche minuto, quando non c’erano turbolenze o pasti, avevo meno mal di testa, quindi mi stavo finalmente appassionando a qualcosa, ma l’aereo è atterrato verso metà film.

E vabbè. Almeno finalmente sono a Tokyo, basta turbolenze.

Ora mi avrebbero aspettato solo i controlli alla dogana. Terminati essi e recuperati i miei valigioni, sono corso alla ricerca di una scheda sim per l’internet sul cellulare, sennò non avrei potuto contattare famiglia e amici fuori da un punto WiFi e avrebbero chiamato in poco tempo “Chi l’ha visto?”. Missione compiuta, mi sono rifatto dalla precedente esperienza a Kyoto, dove ho aspettato una settimana per prendere la scheda e ne ho pagato le conseguenze: alluvione nella zona dove abitavo, evacuazione al municipio dove non c’era Internet e pochi messaggi importanti per non sprecare il credito residuo.

Stavolta sono arrivato preparato.

Prossimo passo: arrivare a Shinjuku per poggiare tutto all’albergo e farmi una meritata doccia.

Il viaggio è stato lungo, praticamente mi sono fatto l’intera tratta Laurentina – Rebibbia sulla Metro B, ma almeno mi sono goduto dei mezzi di trasporto meravigliosamente comodi, puliti e tranquilli. Così tranquilli e comodi che mi stavo per addormentare mille volte sulle valigie. Per fortuna sono restato sveglio, sennò mi sarei ritrovato al capolinea.

Il tempo di sciacquarmi, ammirare la mia camera carina e semplice e collaudare i gabinetti super mega giga iper moderni giapponesi e sono andato a cenare.

Sì, ho preso 5 kg con i pasti sull’aereo, ma avevo bisogno di cibo fresco.

Quale posto migliore di un’izakaya per mangiare la prima roba giapponese?

Mi sono trovato subito in paradiso. Ho fatto bene a evitare il pollo fritto in questi ultimi mesi (soprattutto per la salute), quindi ho trovato il karaage (pollo fritto giapponese) ancora più squisito. Poi vabbè, spiedini di carne come se non ci fosse un domani, boccali mega di birra e umeshu (sake con prugne) squisito. Per fortuna ci stava anche qualcosa di salutare, come gli edamame (fagioli di soia) e pezzi di cavolo croccante. La cosa sorprendente è che ho mangiato più fagioli e cavolo, rispetto alla carne. Io odio le verdure, ma quel cavolo ha quasi creato assuefazione. E che cavolo.

La cosa più bella, però, è stata la compagnia, tra nuovi volti e amici ritrovati. Risate, gaffe, urla e ancora risate.

Decisamente un’ottima prima serata giapponese, non trovate?

Tornato sull’albergo, ho subito cominciato a riflettere su questo anno venturo, ma per fortuna il sonno ha avuto la meglio e mi sono svegliato dopo poche, ma ottime ore di dormita. Sono pronto per godermi Tokyo di mattina.

Rednerd andrea

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