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Sono tipo tre anni che vado a vedere al cinema la pellicola premiata ai Premi Oscar con la statuetta per il Miglior Film. Sono sempre curioso di scoprire cosa abbia portato un determinato film a vincere un riconoscimento così importante.

Però è ovvio che servono delle premesse molto affascinanti per attrarre uno spettatore, non basta il “Ha vinto un sacco di premi, figata”.

“Parasite” sarei comunque andato a vederlo, a prescindere dai premi. Purtroppo, a Sendai, era disponibile solo in lingua originale (e sarebbe stato fattibile), con sottotitoli giapponesi. Ergo, non avrei capito una ceppa.

Pertanto, a Roma mi sono fiondato al fidato cinema sotto casa, che non ha la minima intenzione di toglierlo dalle sale, in quanto grande guadagno. Chiamali scemi.

Nonostante sia passato già un po’ di tempo dalla sua uscita, non mi sono spoilerato un bel niente. Sapevo solo che avrei visto un film satirico, fatto benissimo.

Dopo la visione, concordo in pieno. Anzi, dirò di più: è un film di un altro pianeta, che contiene un sacco di roba. Ogni singolo premio vinto è meritato.


“Parasite” è un film tragicomico sudcoreano, diretto da Bong Joon-Ho, già regista di film molto considerati come “Memorie di un Assassino”, “Snowpiercer” e “Okja”. Bong ne ha anche scritto la sceneggiatura, insieme a Han Jin-won.


Il cast consiste principalmente in due famiglie.

La prima è quella dei Kim, una famiglia povera. Essa è formata dal padre Ki-taek (Song Kang-ho, comparso anche lui in “Snowpiercer”), dalla madre Chung-sook (Jang Hye-jin), dai figli Ki-woo (Choi Woo-shik) e Ki-jung (Park So-dam).

La seconda è quella benestante dei Park. Anch’essa è formata da quattro persone: il padre Dong-ik (Lee Sun-kyun), dalla madre Yeon-gyo (Cho Yeo-jeong), dai figli Da-Hye (Jung Ji-so) e Da-song (Jung Hyeon-jun).

Altri personaggi importanti sono Min-hyuk (Park Seo-joon), il migliore amico di Ki-woo, e Moon-gwang (Lee Jung-eun), la governante della casa dei Park.

I personaggi sono molto interessanti, ognuno è ben caratterizzato e pieno di sfumature non visibili già dall’inizio.

La famiglia Kim è la protagonista del film. Il padre sembra un bonaccione, spiritoso e tranquillo, ma ha anche un forte senso dell'”onore” che lo porta a risultare pericoloso. La madre è cazzuta, sarcastica. Il figlio è strano, difficile da comprendere: sembra timido e intelligente, poi fa cose insensate. La figlia è la mia preferita: furba, sveglia, finge come attrice da premio Oscar, dalla battuta pronta e bravissima nel falsificare. Moralmente non è un granché, ma è la meno scema. Importante anche il rapporto tra i membri della famiglia: sono molto uniti e complici.

La famiglia Park è l’opposto: sono ricchi, all’apparenza perfetti e raffinati, ma in realtà sono terribili. Il padre è molto carismatico, ma vanesio e con altri difetti molto brutti; la madre è paranoica, iperprotettiva, ipocondriaca e superficiale, ma inaspettatamente comica. è quella con più sfaccettature, l’ho adorata. La figlia è sciapa e inutile, il figlio piccolo fa davvero molta tenerezza, soprattutto nelle fasi più avanzate del film. A differenza dei Kim, i componenti di questa famiglia non sembrano molto uniti, hanno un rapporto affettivo a mio parere molto freddo.

La governante è tanto buona, cara ed efficiente.


La storia parte molto semplice, ma poi succedono tantissime cose, una più inaspettata dell’altra.

I Kim non navigano affatto nell’oro, abitano in un seminterrato e la loro situazione lavorativa è pessima. Servirebbe un colpo di fortuna perché possano riuscire a fare un salto di qualità.

Per fortuna, il caro amico di Ki-woo deve partire per un viaggio all’estero. Il ragazzo lascia un posto vacante come insegnante di inglese a Da-hye, figlia del ricco imprenditore Dong-ik. Chi va a consigliare come suo sostituto? Ki-woo.

L’occasione di una vita.

Il ragazzo riesce con alcuni magheggi a lavorare per i Park. Ciò è l’inizio di una catena di eventi davvero sorprendenti che coinvolgerà entrambe le famiglie…e non solo.

La prima metà del film è piena di scene spiritose, molto sarcastiche.

Poi avviene un grande plot twist e tutto cambia. Cominciano imprevisti, scene di ansia, per concludere con un’escalation di angoscia e dramma.

Veramente tanta roba, è impossibile parlarne senza rischiare di spoilerare (infatti, ne parlerò meglio nella pagina successiva). So solo che io sono riuscito ad arrivare al giorno della visione senza essermi spoilerato nulla, a parte una battuta completamente innocua. Infatti sono uscito sconvolto dalla sala, così come i miei due amici. Che mindblow.

Un grande pregio di questo film è la capacità di unire sarcasmo, leggerezza e dramma. Anzi, osa ancora di più, aggiungendo tocchi di altri generi, come il thriller e l’horror. Un mix di variopinti tipi che funziona a meraviglia.

In un certo senso, mi ha ricordato “Jojo Rabbit”: divertente e leggero fino a un certo punto, poi arriva la mazzata brutta brutta brutta. Senza perdere, però, quel briciolo di ironia che ha contraddistinto la pellicola.

Il finale è la ciliegina sulla torta. Inaspettato e malinconico.

Ovviamente, questo film, così come gli altri lavori di Bong Joon-Ho, è pieno di messaggi, a partire dalla critica feroce contro la società coreana e la discriminazione classista. La famiglia riccona è raffigurata in maniera molto ironica (la signora Park ne è un esempio palese) attraverso i loro caratteri e le loro abitudini. Non essendo un esperto di cultura coreana, però, non ho capito a pieno la simbologia di questo film, quindi eviterò di parlarne. Cercherò articoli seri per approfondire tutto.

Un altro pregio di “Parasite” è l’importanza che viene data a ogni singolo elemento. Ci sono oggetti da cui dipende un grande pezzo di trama, non sono solo i personaggi a veicolare gli eventi.


La sceneggiatura è qualcosa di grandioso.

I personaggi sono resi in maniera interessante, chi più chi meno, ma hanno tutti un loro carattere peculiare.

I dialoghi sono coinvolgenti, complici anche alcune battute ironiche molto sottili e la particolarità di alcuni personaggi (il modo in cui parla la signora Park fa morire dal ridere, ma pure la schietta Ki-jung è forte).

La storia scorre davvero bene e riesce anche a essere molto semplice, nonostante i complessi colpi di scena. Basandomi solo sui primi minuti, non avrei mai immaginato cosa sarebbe successo in seguito. Questo film sa essere più inaspettato di un film giallo.

C’è una grande attenzione nei dettagli anche nei dialoghi. Alcune cose dette nelle scene iniziali, anche se banali, possono avere una grande importanza nelle sequenze successive.

Scoprire che questa storia è inedita e non adattata da un’altra fonte mi ha sorpreso molto. E meno male che si lamentano che manca la creatività!


Le ambientazioni sono molto importanti per la suddivisione dei personaggi nelle loro classi sociali.

La differenza nello stile di vita tra le famiglie Park e Kim è palese già in come vengono presentate le loro abitazioni. Vivono letteralmente nei bassifondi della città. Il seminterrato dei Kim è triste, sporco, sottoterra. Insomma, non è il paradiso, soprattutto perché la Corea è soggetta a monsoni e altri cataclismi. Inoltre i Kim si vestono molto modesti, mangiano nelle mense e soffrono sempre il caldo. Mi hanno fatto tenerezza.

I Park, invece, abitano in una villetta stupenda, sempre pulita, piene di stanze, cantina compresa. Immancabile il giardino in cui si possono fare sontuosi party. Il sole illumina sempre la dimora, i cibi sono prelibati e i Park conducono una vita perfetta e lussuosa, tanto ce stanno governante e autista che impediscono loro de sudà. Un po’ li invidio.

Ho apprezzato molto la maggiore presenza delle scene ambientate nei bassifondi di Seoul. La reputo una scelta non banale. Le grandi città non sono solo palazzi, incroci affollati, negozi di marca e ristoranti stellati. Ci sono anche i quartieri popolari, zone che hanno molto più da raccontare di quanto si possa immaginare.

Il taglio registico mi è piaciuto molto. Sono molto ignorante in materia, ma ho visto un sacco di parallelismi in alcune scene. Complimenti a Bong per essere in grado di rendere molto bene l’atmosfera del momento, che sia una scena spensierata o un’inquadratura stile horror.

Ottima anche la colonna sonora. A un certo punto, sentirete una canzone e una voce mooooolto familiare. Un indizio? Ama dare abbracci e ci tiene a specificare chi è l’autrice delle sue foto.


“Parasite” è un film che merita di essere visto. è una storia intrigante che sa sorprendere e coinvolgere fino all’ultimo secondo, presenta personaggi particolari e interpretati da bravi attori e anche esteticamente si lascia guardare che è una meraviglia.

Il film ha stravinto agli Academy Awards di quest’anno, vincendo 4 statuette su 6 candidature. A grande sorpresa, è riuscito a vincere il premio per il Miglior Film Straniero, per la Migliore Sceneggiatura Originale, ma anche per il Miglior Regista e per il Miglior Film! Si tratta di un primato per un film sudcoreano. Bong Joon-ho ha vinto anche la Palma d’Oro al Festival di Cannes, premio vinto lo scorso anno dal mio amato Kore-eda Hirokazu per “Shoplifters” (sì, non perdo occasione per citare Kore-eda, soprattutto perché sotto sotto rosico perché non ha vinto l’Oscar lo scorso anno).

Sinceramente, trovo ogni singolo premio meritato. Mi dispiace per Donald Trump (vincitore del Premio Oscar per il “Peggiore Scemo del Villaggio che ha Perso l’ Occasione per Stare Zitto e fare Bella Figura”), ma è giusto che un film straniero abbia la meglio su quelli nazionali, se dimostra una qualità di gran lunga superiore. E io tifavo anche “Jojo Rabbit” e “C’era una Volta…a Hollywood”.

Era dai tempi de “L’Amore Bugiardo” che non vedevo un film che riuscisse a stravolgermi il cervello. Davvero complimenti, spero di rivederlo in modo da cogliere meglio ogni dettaglio, soprattutto quelli metaforici.

In futuro, uscirà anche una serie tv spin-off, di cui Bong sarà un produttore esecutivo. Sono molto curioso di vedere cosa ne uscirà fuori.

Il miglior piano nella vita è quello di non farsi mai dei piani.

RedNerd Andrea

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